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Diamante sintetico: un problema commerciale per il futuro?

una relazione di Antonello Donini

Stiamo parlando di DIAMANTE SINTETICO.
Carbonio (C)  cristallizzato nel sistema cubico disposto nel reticolo secondo la configurazione spaziale tetraedrica.
Come accade nel diamante naturale tale configurazione conferisce a  questo materiale proprietà che lo rendono unico nel suo genere.

Non parliamo quindi di una imitazione ma di vero e proprio diamante prodotto con metodi artificiali di sintesi fatti dall’uomo e non dalla natura.

I primi tentativi di  realizzare in laboratorio l’esatta controparte sintetica del diamante sono databili intorno alla fine del 19° secolo, ma  il primo successo storicamente documentato risale alla prima metà degli anni ’50 del 20° secolo, quando i ricercatori dell’americana General Electric hanno sintetizzato i primi piccoli cristalli di diamante.

Sempre la General Electric, circa 20 anni dopo, ha realizzato i primi diamanti sintetici aventi dimensioni sufficienti per poter avere un utilizzo come gemma, seguita negli  anni ’80 dalla giapponese Sumitomo, dalla De Beers e verso l’inizio degli anni ’90, da laboratori  russi.

Metodi di sintesi

Metodo di produzione HPHT

Il metodo si basa sulle condizioni che hanno permesso in natura la formazione del diamante ovvero alte pressioni ed alte temperature.

All’interno delle celle di reazione contenenti  cristalli-seme, una lega/soluzione metallica (ad esempio nickel e ferro) che funge da fondente/catalizzatore, il nutriente (solitamente grafite) viene esposto a condizioni di alte pressioni ed alte temperature (tra 1400 e 1600°C e tra 50 e 60 kbar) grazie a elementi riscaldanti e presse.
Il carbonio si dissolve nel fondente e si deposita quindi sui cristalli seme posti solitamente in una zona della cella con temperatura inferiore sotto forma di diamante.

Metodo HPHT  BARS

Metodo HPHT  TOROID

Metodo HPHT  CUBOID

Una importante problematica da affrontare per questo metodo di sintesi è quello di tenere lontana la presenza di azoto responsabile di una colorazione verde giallo alla bruna dei cristalli sintetizzati.
L’utilizzo di nuove leghe metalliche utilizzate come fondenti, con l’aggiunta di particolari elementi (come alluminio, cobalto o rame) che permettono di fissare l’azoto facendo in modo che non rientri nel reticolo del diamante.

Si ottengono così diamanti incolori (tipo Iia) o con lieve colorazione  bluastra per la presenza di lievissime quantità di boro (tipo IIb).

DIAMANTE SINTETICO CVD

Ha il grosso vantaggio di avvenire a basse pressioni, nell’ordine di 10-200 torr.

Nella camera viene creato un plasma che rompe la molecola di metano o altro gas contenente C.

Il carbonio si va quindi poi a depositare sotto forma di diamante su un substrato solitamente costituito da sottili semi di diamante.

Elementi utili alla identificazione

I diamanti sintetici incolori CVD sono in generale del tipo IIa ovvero composti da solo carbonio.

Per eliminare una possibile componente bruna presente nei diamanti cristallizzati con questo metodo dovuta a dislocazioni, vengono sottoposti a un post trattamento HPHT in grado di eliminarla.

Al microscopio i diamanti sintetici HPHT mostrano spesso caratteristiche figure di crescita, correlate ai settori di crescita cubici e ottaedrici.

È possibile rilevarle in corrispondenza di zonature di diversa fluorescenza o nella distribuzione del colore all’interno della pietra che segue questi settori di crescita.
Le inclusioni  caratteristiche, ma non sempre presenti, sono residui di fondente che si presentano come inclusioni nere e opache con lustro metallico.

Zonature di colore e linee di struttura in diamante sintetico  HPHT che seguono i settori di crescita

Le inclusioni  caratteristiche, ma non sempre presenti, sono residui di fondente che si presentano come inclusioni nere e opache con lustro metallico o estesi gruppi di inclusioni puntiformi (probabilmente minute particelle di fondente disperso).

Inclusioni di fondente metallico  in diamanti sintetici incolori HPHT

Esempi di inclusioni in diamante sintetico HPHT

I diamanti sintetici CVD potrebbero avere minute inclusioni scure (residui carboniosi) con aloni di tensione probabilmente generati da un post trattamento termico utilizzato per migliorare il colore delle gemme.

Esempi di inclusioni in diamanti cvd

Molti diamanti sintetici HPHT mostrano una caratteristica fluorescenza da gialla a verde giallastra agli UVL (365 nm) e agli UVC (254 nm).

Le impurità che vengono assorbite nella struttura del diamante sintetico durante la sua crescita tendono a concentrarsi ciascuna in determinati settori di crescita, ciò origina caratteristiche figure di fluorescenza, a forma di croce o ottagonali, mai viste in diamanti naturali.

Spesso, a differenza di quanto accade nei naturali, la reazione è più intensa all’onda corta che a quella lunga.

I diamanti naturali generalmente mostrano una fluorescenza più o meno marcata di colore blu (più raramente gialla e, meno comunemente ancora, verde o rosa), abbastanza uniforme e, comunque,  più marcata all’onda lunga che all’onda corta.

Effetti di luminescenza che seguono le direzioni di crescita cubo-ottaedriche in un diamante

La presenza di fosforescenza solitamente persistente (rarissima in natura e atipica nelle pietre incolori) è un buon segno identificativo.
Sono infatti i diamanti di tipo IIb estremamente rari in natura (contenenti boro) che presentano questo effetto solitamente di breve durata.

Una caratteristica particolare dei diamanti prodotti con il metodo HPHT è quello di mostrare poche o lievi birifrangenze anomale al contrario dei diamanti naturali. Nei sintetici CVD le birifrangenze anomale sono generalmente simili a quelle dei diamanti di tipo IIa naturali ovvero con una specie  di graticcio, spesso orientato secondo la direzione di deposizione dei cristalli.

Esistono però cristalli sintetici CVD di qualità “ottica” (QUINDI OTTICAMENTE PERFETTI ED OMOGENEI) privi di birifrangenze anomale.

Birifrangenze anomale in diamante sintetico HPHT. Quando presenti assumono la forma di una croce

Birifrangenze anomale in diamante sintetico CVD

Identificazione certa solo attraverso tecniche analitiche avanzate

La spettrofotometria IR (infrarosso) è un ottimo aiuto per riconoscere la tipologia del diamante ovvero per verificare la presenza o assenza di tracce di alcuni elementi fondamentali. SI hanno così potenziali informazioni per isolare tipologie di diamante che potrebbero essere compatibili con una produzione sintetica.

I Diamanti sintetici incolori sono di tipo IIa (azoto presente in quantità talmente piccola da non poter essere rilevato strumentalmente con IR), mentre quelli blu, come i loro analoghi naturali, sono di tipo IIb (presenza di boro). La presenza del tipo IIb ovvero di tracce di boro è riscontrabile spesso in moltissimi diamanti sintetici incolori. Sono stati anche visti in commercio diamanti sintetici di colore rosa dovuto ad un post trattamento per irraggiamento e successivo riscaldamento a bassa temperatura. E’ bene ricordare che le prime produzioni, proprio per la presenza di azoto prevedevano colorazioni nel giallo con diverse sfumature di bruno o bruno verdastro. Alcuni diamanti di questo tipo trattati per irraggiamento hanno assunto un vivacissimo colore rosso.

Allo spettrofotomentro UV-VIS-NIR la componente Ib presente nei diamanti sintetici giallo verdi genera un assorbimento a partire dai 500 nm verso l’ultravioletto.
Molti diamanti mostrano, una serie di assorbimenti tra 470 nm e 700 nm, dei quali il più evidente è a  658 nm. Questi picchi sono dovuti alla presenza di nickel all’interno della struttura cristallina presente nel catalizzatore.
I diamanti incolori sintetici di tipo IIa sono trasparenti sino a 270 nm.

Presenza di elementi come nickel, ferro, alluminio, cobalto, rame o gli altri metalli impiegati nella crescita, possono essere identificati mediante un’analisi chimica con fluorescenza ai raggi X (EDXRF).

Attraverso la Fotoluminescenza è possibile rilevare centri di colore diagnostici grazie alle tracce di impurità presenti   quindi riconoscere la natura sintetica.

La osservazione degli effetti di luminescenza ad uv molto corti può essere molto utile per riconoscere i diamanti sintetici.  

Quadro della situazione commerciale

I produttori di diamanti sintetico sostengono che:

I diamanti prodotti artificialmente in laboratorio hanno essenzialmente la stessa composizione chimica, struttura cristallina, proprietà ottiche e fisiche dei diamanti estratti dalle miniere: sono quindi diamanti al 100%. L’unica differenza tra i diamanti sintetici e quelli estratti è che uno è stato creato all’interno ed estratto dalla Terra e l’altro è stato creato in un laboratorio all’avanguardia.

Sono numerosi i produttori che sintetizzano diamante soprattutto per scopi industriali.

In gioielleria la dimensione delle gemme sfaccettate ha raggiunto dimensioni decisamente importanti: sono state viste gemme di oltre 10 ct. Ma la maggiore diffusione di questo prodotto si ha su gemme fino ad un max di 2,00 ct e nei lotti melèe (da meno di un punto fino a 0,25 ct).

Costante crescita e diffusione nel settore orafo dell’utilizzo di questo materiale gemmologico, trascinato dall’intensivo e sempre maggiore impiego industriale di questo materiale.
Ampiamente utilizzato negli strumenti come superabrasivi, mole, utensili da taglio, strumenti di perforazione e lucidatura, prodotti dell’industria automobilistica, medica, aerospaziale ed elettronica.

Per i costi di manifattura e per importanza di mercato fanno la parte del leone i paesi asiatici, seguiti dal nord America.

Commercialmente stanno avendo un forte spunto e diffusione soprattutto negli USA e in Giappone.

A fornire un forte discapito per chi tratta il naturale, la FTC statunitense (Federal Trade Commission, organo legislativo commerciale) ha permesso che queste sintesi potessero essere chiamate come “grown diamonds”.
Ha inoltre stabilito che il “diamante sintetico” è da considerarsi come vero e proprio “diamante” permettendo ai produttori di sintetici di commercializzare i loro prodotti come «reali» / «veri» (real diamonds).

Il resto del mondo e le norme ISO internazionali prevedono che questo materiale gemmologico debba essere chiamato, ai fini della chiarezza nei confronti del consumatore solo come  “diamante sintetico” al pari di qualsiasi altra sintesi.
Nessuna altra definizione o semplificazione è ammessa.
ISO 18323:2015

Il costo di questo materiale è attualmente inferiore al naturale di circa il 30-40% ma sono previste ulteriori diminuzioni dovute ad una sempre maggiore diffusione e alla riduzione dei costi di produzione.

I diamanti sintetici rappresentano attualmente circa Il 2% del mercato globale.
Ci si aspetta che entro il 2030 tale quota possa salire al 10%.
Per pietre con peso attorno al 0,50-1,50 ct, adatte ad un impiego come solitario ovvero per un anello da fidanzamento la quota del 7,5% potrebbero essere raggiunta già nel 2020.

Per il «melèe» si potrebbe arrivare ad una quota del 15% nei prossimi due anni.

La diffusione di questo materiale nel melèe potrebbe essere intensificata da una progressiva  scarsità di diamanti estratti in natura in quanto è attesa la chiusura della miniera di Argyle (ormai quasi esausta) che attualmente fornisce la maggior parte dei diamanti piccoli del mondo.

Difficile quindi fare oggi delle previsioni su quale sarà il reale impatto di questo materiale sul mercato dei preziosi.

Le nuove generazioni sembrano, dagli studi di marketing, positivamente favorevoli all’utilizzo di questo nuovo materiale in ornamentazione.

Il diamante sta perdendo quel fascino di pietra simbolo di rarità e amore eterno per raggiungere sempre più lo status di gemma a larga diffusione.
I consumatori iniziano  a percepire i diamanti sintetici come allettanti: è possibile avere gemme più grandi a prezzi più bassi e, soprattutto, fare un investimento «privo di sensi di colpa».
È attiva una importante operazione mediatica per pubblicizzare queste gemme come maggiormente “etiche” rispetto le naturali.
I giovani, essendo giustamente orientati all’ambiente e al non sfruttamento di risorse naturali e soprattutto umane, mostrano maggiore interesse per questo tipo di gemme, rispetto le generazioni precedenti coinvolte maggiormente sulla unicità e rarità del singolo gioiello.

Grossi nomi dello spettacolo e del mondo web come Di Caprio, Lady Gaga, Penelope Cruz o i possessori di Facebook, Twitter e eBay hanno pubblicizzato o persino finanziato strutture per la produzione di diamanti sintetici, credendo nel loro futuro.
La Diamond Foundry uno degli ultimi produttori statunitensi comparsi sul mercato ha dichiarato di essere attualmente l’unico produttore di diamanti certificato “carbon neutral”, in quanto i suoi diamanti sono fabbricati in un reattore al plasma ad energia idroelettrica.
Sostiene inoltre che: “l’estrazione mineraria ha un impatto ambientale maggiore rispetto a qualsiasi altra attività umana. Per un singolo carato di diamante, devono essere scavate circa 250 tonnellate di terra, e vengono rilasciati notevoli quantità di inquinamento atmosferico con l’emissione pesante di anidride carbonica”.

De Beers attraverso il marchio LIGHTBOX ha iniziato la commercializzazione on-line di linee di gioielleria con diamanti sintetici incolori, azzurri e rosa ad un costo molto basso cercando di accaparrarsi una importante fetta di mercato mondiale. (1.00 ct 800,00 US$ – 0.50 ct 400.00 US$ – 0.25 ct 250.00 US$).

Dagli studi più del 60% degli intervistati sarebbero disposti, interessati all’acquisto di un diamante sintetico su un anello di fidanzamento, per il costo inferiore del materiale permettendo così di avere gemme di dimensione maggiore ad un costo inferiore.

I consumatori con disponibilità economica solitamente più legati al fascino, al mistico all’unico  e all’irripetibile…sembrano invece mostrare molto interesse per questo materiale.

I produttori di diamanti sintetici sono stati in grado di interessare i cosiddetti «millennials» promuovendo il Lab Grown Diamond  come high-tech, innovativo e pulito.

In tutti gli aspetti della loro vita cercano marchi, aziende e prodotti che ritengono trasparenti, socialmente e rispettosi dell’ambiente.

Il consumatore non crede ormai più nel valore dei diamanti o del gioiello in generale.

Ci sono infatti stati nel tempo diversi fattori che hanno diffuso sfiducia nel settore.

  • Operatori commerciali poco trasparenti
  • Scarsa conoscenza dei materiali e del mercato da parte degli operatori
  • Scarsa resa dei diamanti da investimento
  • Poche certezze

Occorre però tener conto che: un diamante naturale anche se di brutta qualità avrà sempre un possibile acquirente.
Non esiste invece un mercato secondario per i diamanti sintetici, soprattutto perché i commercianti di diamanti attuali tendenzialmente non li trattano.
Il «buon affare», il risparmio che si può avere acquistando un diamante sintetico, sfuma quando si pensa al fatto che sarà impossibile rivenderlo.

Al momento il quadro è decisamente confuso, poco chiaro. Gli operatori del mondo, dati gli interessi economici che ruotano attorno al materiale naturale, sono decisamente preoccupati e spaventati dalla improvvisa diffusione e dal numero delle operazioni mediatiche che stanno ruotando attorno al diamante sintetico.

Ma se guardiamo al passato quello che sta accadendo ora è stato promosso nello stesso ed identico modo in passato quando DeBeers all’inizio del secolo scorso attraverso operazioni mediatiche mirate e personaggi dello spettacolo (pensiamo a Marylin Monroe e alla frasi «i diamanti sono i migliori amici delle ragazze» e «li diamante è per sempre») ha diffuso l’uso del diamante in gioielleria in modo che potesse diventare per tutti «simbolo di vero amore eterno».

Quindi difficile dare una risposta al quesito iniziale anzi, possiamo aggiungere ora un altro quesito: “il diamante sintetico potrebbe essere una opportunità?”